Operatività sui Mercati Azionari

   

Esistono diversi modi di operare nel mercato azionario: col fiuto, sulla base di letture di giornali e reports, con l’aiuto di “dritte” e “soffiate”, con tecniche più metodiche.

 

Fiuto. Esistono indubbiamente delle persone che riescono, con l’ausilio di un grosso intuito, a fare cose eccezionali in Borsa. Il fiuto, tuttavia, è qualcosa di innato. O lo si ha o non lo si ha. Quindi, non è una tecnica che si può apprendere. C’è da aggiungere, però, che anche chi opera col fiuto (e mi viene automaticamente da pensare ai vari Warren Buffet, Peter Lynch, George Soros) non opera caoticamente sulla base di quello che gli passa per la mente, ma si avvale comunque di tecniche operative al cui vaglio sottopone le proprie intuizioni; basta leggere la letteratura su questi personaggi per rendersene conto.

 

Letture di giornali e reports. Sorvolerei proprio sui giornali. Quando la notizia appare sulla stampa è già vecchia e superata. Al massimo può far rumore ancora per un paio di giorni grazie all’intervento dei ritardatari. Nulla di più.

Qualche spunto maggiore lo offrono talvolta i reports delle istituzioni finanziarie più serie. Intanto sono il frutto di valutazioni ponderate e poi, per loro natura, vanno ad alimentare lo stesso processo che propongono. E’ probabile che un buy di una grossa banca d’affari provochi degli acquisti che altrimenti non si avrebbero. La controindicazione è che qualche volta i suggerimenti dei reports possono non essere del tutto obiettivi o possono essere determinati forzatamente da situazioni contingenti. Si pensi a una situazione di forte rialzo e alla necessità per gli uffici studi delle istituzioni finanziarie di alzare i target dei vari titoli prima ancora, e non dopo, di trovare una giustificazione agli obiettivi di prezzo indicati.

 

Dritte e soffiate. Le soffiate, quelle vere, le possono dare solo gli insider, con gli effetti giuridici che la diffusione delle notizie provocherebbe. Non è escluso che grosse istituzioni finanziarie (Sim, Banche, Società di gestione) possano essere in possesso di notizie qualificate di qualche utilità. Ma  allora la notizia si trova, diciamo, a metà strada tra la riservatezza e la diffusione. Il titolo interessato, con ogni probabilità, ha già cominciato a manifestare dei movimenti anomali che possono essere già stati colti con un’attenta analisi anche da chi non è in possesso della notizia. Anche questi casi, tuttavia, sono abbastanza limitati e nulla hanno a che vedere col fenomeno, del tutto dilettantesco, delle dritte che nel corso di forti rialzi di borsa vengono sparate da tutte le parti. Se chiunque di noi, in una fase di accentuata tendenza rialzista del mercato, spaccia per dritte le proprie opinioni su 10 titoli quotati è più che probabile che almeno in un paio di casi faccia un’eccellente figura.

 

Tecniche operative. La tecnica costituisce l’arma di chi  vuole operare razionalmente per conseguire profitti costanti non soggetti all’erraticità dei mercati. Si rinuncia a degli extra-profitti connessi talvolta a un atteggiamento disinvolto, ma si ha la quasi certezza di non incorrere nelle catastrofi alle quali quello stesso atteggiamento prima o poi inevitabilmente conduce. La tecnica, inoltre, non esclude necessariamente la possibilità di beneficiare dei metodi più empirici prima elencati. Semmai, costituisce uno strumento per sottoporli a un vaglio di verosimiglianza.

Nell’ambito delle tecniche operative si inserisce l’annosa, ma ormai pressoché universalmente definita, questione della competizione tra analisi tecnica e analisi fondamentale. E, come se non bastasse, ha fatto da qualche tempo apparizione tutta una serie di tecniche sperimentali ispirate all’intelligenza artificiale.

 

Analisi fondamentale. I fondamentalisti sostengono che, nel lungo andare, i corsi azionari tendono a riflettere il reale valore delle società quotate; deducono quindi che, individuando realtà attuali e potenzialità patrimoniali ed economiche di queste società attraverso un’attenta lettura dei loro bilanci, si possono formulare valide previsioni sui futuri livelli di prezzo delle azioni con grande beneficio per una corretta strategia di investimento.

 

Analisi tecnica. L’analista tecnico non mira a conoscere il valore reale di un’azione bensì quel valore che ad essa attribuirà, a breve, il mercato. Egli è infatti convinto di poter rilevare, con l’ausilio di particolari procedure, le speranze, le paure, gli umori, razionali e irrazionali, dei compratori e dei venditori giungendo così a sintetizzare e fotografare, a un dato istante, tutti quei fattori che normalmente sono ritenuti inquantificabili ma che, nondimeno, incidono in maniera preponderante sul processo di formazione dei prezzi; gli diventa più facile, a questo punto, decidere quando comprare e quando vendere e cosa comprare e cosa vendere in perfetta sintonia con la tendenza e le prospettive del momento.

 

Intelligenza artificiale. E’ una branca a sé stante. Più che una scuola di pensiero è un insieme di tecniche che mirano a simulare il processo di ragionamento umano (sistemi esperti e sistemi fuzzy), il funzionamento biologico del cervello (reti neurali) o l’evoluzione delle specie viventi (algoritmi genetici). Prescinde, in sé, dai principi del pensiero tecnico e di quello fondamentale in quanto si può avvalere di elementi di uno solo di essi, di tutti e due o di altri ancora.

Non c’è motivo di affrontare l’accademica questione, peraltro generalmente superata,  della competizione tra scuola fondamentale e scuola tecnica. Entrambe hanno una propria ragione di essere ed entrambe presentano delle caratteristiche che le rendono più appropriate in certe circostanze con riferimento a obiettivi specifici.

L’analisi fondamentale si propone di verificare la salute generale, per così dire, di un titolo. E’ un check-up il cui fine non è quello di individuare l’esistenza o la possibilità di insorgenza di un comune raffreddore. L’analisi tecnica, al contrario, si orienta soprattutto verso i sintomi piuttosto che verso le cause.

Si pensi alle variazioni che i titoli quotati hanno in un breve periodo di tempo. Forse un aumento o una diminuzione generalizzata delle quotazioni può indurre automaticamente a ritenere che, contemporaneamente, sia realmente variato l’effettivo valore delle società quotate? Viceversa, stabilito che i valori fondamentali fanno prevedere una crescita economica e patrimoniale della società, si può forse automaticamente ritenere che le quotazioni azionarie siano destinate ad aumentare? Nel breve periodo ben altri elementi assumono preponderanza: esistenza di un trend generale rialzista o ribassista, situazione politica, influenza delle borse estere e chissà quant’altro.

In sintesi, se nell’analisi fondamentale è prevalente l’aspetto previsionale, nell’analisi tecnica è prevalente l’aspetto gestionale, la logica dell’una non è la logica dell’altra, gli obiettivi dell’una non sono gli obiettivi dell’altra.

Ognuna delle due ha una sua ragion d’essere determinata dalle esigenze delle società di gestione di fondi comuni o di altri investitori istituzionali e da quelle dei traders più o meno sfrenati.

In ogni caso, un’analisi di tipo fondamentale che faccia da sfondo alle scelte di breve periodo non può che accrescere le probabilità di successo del trader. Ugualmente, il ricorso all’analisi tecnica per la scelta del momento di intervento non può che giovare a un investimento strategico da attuare sulla base dei fondamentali.

Nessun conflitto, fortunatamente, sussiste con le tecniche di intelligenza artificiale che possiedono come denominatore comune la capacità di apprendere le regole, di qualsiasi genere,  che soggiacciono a processi noti per applicarle a situazioni in corso di evoluzione. Paradossalmente, il punto di forza delle tecniche di intelligenza artificiale è allo stesso tempo un punto di debolezza. Se, infatti, il processo in evoluzione non trova affinità, affinità e non uguaglianza, in uno dei processi che hanno costituito la base dell’apprendimento, l’intelligenza artificiale è, con molte probabilità, destinata a fallire.

 

Piano di lavoro. Individuati i principi che possono caratterizzare il tipo di approccio alla borsa e i metodi di lavoro che ci devono accompagnare nelle decisioni, è ora possibile tracciare uno schema del percorso che occorre seguire per dare efficacia agli interventi sul mercato.

E’ bene, in proposito, fare qualche precisazione.

L’interesse primario dell’operatore di borsa non è quello di fare previsioni ma quello di conseguire utili e, ancor prima, quello di preservare il capitale disponibile.

E’ abbastanza naturale che tutti noi, supportati dalle informazioni in nostro possesso, ci cimentiamo continuamente, in misura più o meno consistente, a fare previsioni sul futuro andamento della tendenza e sugli obiettivi di prezzo di questo o quell’altro titolo.

Non che questo sia sbagliato ma, si sa, il mercato raramente asseconda le previsioni; le variabili che agiscono sono tali e tante che basta poco per vanificare gli sforzi intrapresi in dipendenza della valutazioni personali.

In questo, probabilmente, sono avvantaggiati i fondamentalisti che, nella loro ottica di lungo periodo, mostrano propensione a non curarsi delle erraticità correnti.

Chi opera a breve invece, ha sì il vantaggio di potere approfittare anche delle possibilità offerte da limitate escursioni delle quotazioni ma, di contro, ha l’onere di stare dietro ai movimenti piuttosto che davanti. Per questo è costretto ad accettare alcune condizioni:

Sono regole non facili, anzi decisamente dure da seguire, ma può essere di aiuto il pensiero che la Borsa è sempre lì ad aspettare e che una, due, mille occasioni perdute non significano nulla finché facciamo utili sistematicamente.

Stabilito quale deve essere l’atteggiamento mentale corretto, è possibile ora schematizzare il processo logico che deve accompagnare l’operatività:

  1. scelta di un sistema appropriato di tecniche operative;
  2. intervento e fissazione dei criteri di uscita sia in caso di utile che in caso di perdita;
  3. monitoraggio costante delle posizioni assunte;
  4. uscita e imputazione dell’utile o della perdita sia alla singola operazione che al complesso delle operazioni che costituiscono la strategia di periodo.

 

SISTEMI DISCREZIONALI

 Premessa

Una corretta tecnica operativa presuppone la fissazione di regole ben precise per l’individuazione del momento più appropriato per un intervento sul mercato, sia in entrata che in uscita.

Infatti, così come l’intervento iniziale viene normalmente subordinato al verificarsi di certe situazioni generali di mercato o specifiche di un titolo (es.: inversione di una tendenza, perforazione di determinati livelli di supporto o resistenza), l’uscita da una posizione, oltre ad essere connessa a fattori analoghi a quelli presi in considerazione per la sua assunzione, può anche essere determinata dal raggiungimento di certi obiettivi di profitto o dal conseguimento di una perdita massima prefissata.

Ora, la verifica dell’esistenza di condizioni favorevoli a un intervento può essere lasciata alla discrezionalità dell’operatore o può essere ancorata al rigoroso rispetto delle condizioni prefissate: nel primo caso avremo dei sistemi ragionati di intervento, nel secondo dei sistemi meccanici.

Per la naturale tendenza dell’uomo a dare elasticità alle proprie opinioni, l’impostazione di un sistema meccanico, o trading system, viene di solito effettuata al computer che, con indiscutibile obiettività e precisione, fornisce i propri segnali di acquisto o di vendita ai quali l’operatore si attiene ben sapendo che questi segnali, non solo rispondono alle logiche operative stabilite in precedenza, ma lo sollevano anche dallo stress connesso a un momento decisionale fondato sulla discrezionalità.

Ed è proprio quest’ultimo aspetto che, probabilmente, costituisce la caratteristica principale dei trading systems i quali, di per sé, non danno necessariamente luogo a un’operatività più redditizia di quella che può essere messa in atto da un investitore capace e disciplinato.

Per la loro particolarità, i trading systems verranno trattati nel prossimo capitolo; in questo, invece, affronteremo le regole che devono essere osservate da chi scende nell’arena dei mercati finanziari armato solo del proprio buon senso.

 

Trend di mercato

La regola principale che sta alla base di una sana operatività è quella di assecondare il trend generale del mercato. Salvo casi particolari, le operazioni in controtendenza presentano dei rischi notevolmente maggiori di quelli ai quali si va incontro con le operazioni in tendenza. Saremo, quindi, compratori di titoli in un mercato al rialzo e punteremo al ribasso nel caso contrario.

Diversa è la situazione di un mercato congestionato, un mercato, cioè, che si muove lateralmente con andamento oscillatorio. E’ consentito, in questi casi, il tentativo di anticipare i punti di svolta non dimenticando, però, che ciò che può apparire come un prossimo punto di svolta può facilmente trasformarsi in un punto di rottura del canale laterale.

E’ estremamente difficile riconoscere una fase direzionale da una di congestione se non dopo che l’una o l’altra si sia già manifestata inequivocabilmente. E, a questo punto, è elevato il rischio che la tendenza subisca un arresto o inversione oppure che la fase di congestione abbia termine con l’avvio di una direzionalità imprevista.

Gli analisti tecnici si sono prodigati abbondantemente nel tentativo di costruire degli indicatori in grado di distinguere le due situazioni in modo tempestivo e con sufficiente chiarezza, ma i risultati sono stati abbastanza deludenti.

Proviamo, comunque, a vedere come un operatore attento deve porsi nei confronti del mercato al fine di individuarne la direzionalità e sfruttarne i movimenti.

 

Tendenza definita

La rappresentazione dei prezzi in un grafico che si snoda, verso l’alto o verso il basso, con una buona angolazione è sicuramente l’evidenza migliore dell’esistenza di una tendenza ben definita.

La pendenza ideale, tuttavia, non deve essere né troppo né troppo poco ripida: nel primo caso potrebbe essere indicativa di un particolare stato di euforia pronto a trasformarsi in panico da un momento all’altro; nel secondo caso, invece, potrebbe tradire l’esistenza di un diffuso senso di incertezza che fa da sfondo alla spinta direzionale.

Occorre tenere conto, poi, se la tendenza osservata si muove nella stessa direzione di quella di più lungo periodo oppure costituisce semplicemente un movimento di correzione.

Non è che questi ultimi non siano utilizzabili operativamente; è solo che la presa di coscienza del corretto significato del movimento esaminato deve condizionare diversamente il tipo di intervento.

Se, infatti, si coglie il momento di svolta verso l’alto di una tendenza di breve discendente che rimbalza su una trendline di più lungo periodo, si effettua un intervento più razionale di quello che può essere effettuato su un movimento avulso da un contesto più generale.

L’esame visivo del grafico può essere accompagnato dall’analisi di indicatori di tipo algoritmico: un ROC che perfora una propria media mobile o la linea dello zero, un Rsi che perfora il livello di 50, un MACD a istogrammi in ascesa o in discesa o, ancor meglio, in ascesa sopra la linea dello zero o in discesa sotto la linea dello zero, sono tutti segnali che possono convalidare le conclusioni dedotte dell’esame del grafico.

Molto efficace, sotto il profilo previsivo, viene ritenuta la presenza di divergenze grafiche riscontrate su alcuni indicatori: ad esempio, l’andamento discendente di un indicatore di momentum in presenza di un grafico di mercato ascendente, segnala la perdita di forza della tendenza e, quindi, la possibilità di un arresto o di una inversione.

Dispersiva e controproducente appare invece l’analisi contemporanea di molti indicatori: questi si presentano spesso in discordanza tra loro ingenerando incertezza e confusione; meglio sceglierne pochi, quelli con i quali ci si trova maggiormente a proprio agio e che, in passato, hanno dimostrato di funzionare frequentemente, e solo su questi concentrare la propria attenzione.

 

Congestione

Abbiamo detto che è meglio assecondare una tendenza di mercato piuttosto che contrastarla. Il mercato, tuttavia, si trova in fase di tendenza molto meno frequentemente di quanto si muova lateralmente.

In quest’ultimo caso, non essendoci una tendenza da sfruttare, si può cercare di operare sulle oscillazioni comprando sui minimi e vendendo sui massimi.

L’individuazione dei punti di massimo e di minimo, cioè dei punti di svolta, non è delle più agevoli. Tuttavia, verificata visivamente l’esistenza di un canale orizzontale, si può supporre che le parallele di supporto e resistenza possano continuare a respingere i movimenti e, su tale presupposto, si possono impostare i propri interventi.

C’è, ovviamente, il rischio che le quotazioni, anziché invertire la direzione di marcia, perforino i livelli citati dando l’avvio a una nuova tendenza: come nel caso della tendenza definita, però, anche lo studio delle zone di congestione può essere accompagnato dell’esame di oscillatori che segnaleranno, in prossimità dei presunti punti di svolta, se il movimento in corso si sta rafforzando, facendo presagire un breakout, o si sta indebolendo, convalidando così l’ipotesi della svolta. Analogamente, l’esistenza di livelli di ipercomprato o di ipervenduto sugli oscillatori depone a favore di una svolta delle quotazioni.

Insomma, nulla di certo, come sempre, ma solo un insieme di indizi che, una volta dimostratisi validi strumenti di valutazione sulla base dell’esperienza personale, ci fanno ragionevolmente ritenere che anche nel futuro esplicheranno analoga efficacia.

 

Oggetto dell’investimento

Una volta individuata la tipologia di intervento più adeguata al particolare momento, qualora non si voglia o non si possa operare direttamente sugli indici di mercato, è necessario scegliere i titoli sui quali orientare le proprie scelte.

Anche in questo, nulla deve essere lasciato al caso.

Non appare logico il concetto di chi opera esclusivamente sui titoli ai quali è affezionato, prescindendo dalla loro situazione del momento; è invece necessario individuare quelli che presentano delle caratteristiche coerenti con la situazione generale del mercato.

Se, quindi, si opera in acquisto, si sceglieranno titoli il cui grafico evidenzia la perforazione di un livello di resistenza, la formazione di una figura di inversione al rialzo, o comunque l’esistenza di un trend rialzista confermato dalla configurazione assunta dagli indicatori algoritmici. Il contrario, naturalmente, se si opera al ribasso.

Questo non è ancora sufficiente: per avere una certa sicurezza che il titolo non si muova in maniera autonoma, è necessaria l’esistenza di un buon livello di correlazione con l’intero mercato; e questo può essere verificato anche sulla base del coefficiente beta che, come noto, misura l’attitudine del titolo a muoversi in sintonia col mercato, amplificandone o contraendone le variazioni.

Non è male, tra più candidati, privilegiare quelli che presentano una forza relativa ascendente (rapporto tra quotazione del titolo e indice di mercato) e quelli che hanno un coefficiente alfa positivo, in caso di acquisto, o negativo, in caso di vendita.

Alla fine, la rosa delle opzioni disponibili si sarà fortemente ristretta rendendo quasi automatico l’orientamento dell’investitore.

I concetti esposti, tuttavia, non vanno interpretati rigidamente, ma devono servire solo come guida di riferimento per un intervento ragionato tenendo presente che è sempre l’investitore, sulla base della propria esperienza, a dover distinguere le circostanze nelle quali è più opportuno privilegiare certi aspetti da quelle nelle quali occorre privilegiarne altri.

 

Uscita

La scelta del momento di uscita dal mercato è altrettanto, e forse anche più, importante dell’individuazione del momento di entrata.

Esiste tutta una serie di detti del tipo “Compra ai minimi e vendi ai massimi” oppure “Taglia le perdite e lascia correre i profitti”: in pratica, come si fa a tradurre, sul piano pratico, queste affermazioni di principio? Una volta assunta una posizione, sia essa rialzista che ribassista, quand’è che bisogna abbandonarla, perché conseguito l’obiettivo di profitto o perché in perdita?

I concetti relativi all’uscita dal mercato sono così importanti che meritano una trattazione separata in apposito capitolo. Adesso si può anticipare che l’azzeramento di una posizione non deve essere affatto un evento occasionale o umorale; esso richiede un’attenzione forse anche maggiore di quella riservata al momento dell’intervento originario. Se si è in perdita, bisogna avere la forza di riconoscere l’errore e agire di conseguenza, anziché sperare in un rovesciamento della tendenza che porti a un recupero; se si è in profitto bisogna avere il buon senso di capire quando l’obiettivo è stato raggiunto anziché lasciarsi sopraffare dall’avidità che, portando a sperare in una amplificazione del movimento favorevole, induce a prolungare la propria presenza sul mercato col rischio di perdere di colpo il guadagno non ancora monetizzato o, peggio, di andare in perdita.

 

Conclusioni

Visto che stiamo trattando di interventi discrezionali dell’operatore, vorremmo elencare alcuni principi che, quali che siano le tecniche adottate, devono ispirare la sua condotta:

  1. E’ necessario che esista sempre un piano di entrata e di uscita dal mercato; nulla deve essere lasciato al caso né agli umori del momento. E’ bene che l’investitore scriva su carta, al momento dell’intervento originario, i criteri che hanno orientato il suo intervento e quelli che dovranno portare alla individuazione del momento di uscita. Tale abitudine, oltre a conferire maggiore obiettività all’azione, fornirà anche una traccia storica dei punti di forza e di debolezza che serva da guida per il futuro.
  2. Collegata alla opportunità della predisposizione di un piano è quella di non ondeggiare col rumore del mercato. Una volta adottato un atteggiamento sulla base dell’esame dei grafici e degli oscillatori, è importante non lasciarsi fuorviare dai movimenti contrari, determinati da oscillazioni di brevissimo periodo, che portano all’azzeramento affrettato di posizioni sane o, peggio, al raddoppio di posizioni perdenti.
  3. Per operare proficuamente in Borsa non è necessario che l’investitore sappia prevedere il futuro. Quello che gli è richiesto è di saper valutare correttamente la situazione corrente individuando, secondo buon senso, la prevalenza delle forze rialziste su quelle ribassiste o viceversa. Adeguerà quindi il suo comportamento a quello prevalente sul mercato, pronto a rimediare senza esitazioni qualora dovesse accorgersi di essersi sbagliato.
  4. E’ necessario non lasciarsi ispirare da preconcetti sentimenti rialzisti o ribassisti. Quanto spesso, dopo forti discese dei prezzi, si sente dire che “a questi prezzi conviene comprare”! Perché bisogna comprare a tutti i costi se la tendenza rimane ribassista? Perché invece, in caso di forte rialzo, non si sente quasi mai dire che “a questi prezzi conviene vendere”? In effetti, visto che in Borsa si può operare in entrambe le direzioni, l’atteggiamento più appropriato è quello che porta a valutare serenamente la situazione e ad agire con coerenza.
  5. E’ fondamentale non contrastare il mercato. Agire controtendenza, sperando di anticipare improbabili inversioni è il modo più rapido per perdere il proprio denaro. Può pure essere che qualche volta vada bene, ma questa è sicuramente l’eccezione e non la  regola. Meglio quindi attendere che il mercato assuma una direzione da assecondare anche se questo significa, spesso, perdere la parte iniziale di un movimento. E’ solo apparente la contraddizione di questo principio con quello, prospettato sopra, di vendere sui massimi e acquistare sui minimi di una zona di congestione. In quest’ultimo caso, infatti, non esistendo una vera e propria tendenza, non esiste neppure la possibilità di contrastare il comportamento del mercato.

 

TRADING SYSTEMS

Premessa

Man mano che, nel corso degli anni, l'analisi tecnica deludeva sempre di più, non per mancanza di validità intrinseca, ma per la discutibile soggettività delle sue risultanze, gli operatori cominciavano a sentire l'esigenza di introdurre un elemento che sottraesse il più possibile le segnalazioni operative agli effetti dell'emotività  personale.

Dapprima presero a parlare di autodisciplina, riferendosi a un'autoimposizione a seguire le indicazioni dell'analisi tecnica, anche quando non convinti sotto il profilo razionale, senza rendersi probabilmente conto che il problema restava ugualmente senza soluzione: intanto con l'autodisciplina, comunque la si intendesse, non veniva ancora risolta l'eterna questione del conflitto tra i vari indicatori; inoltre, qualsiasi sforzo interiore l'analista facesse, continuava a non esserci modo di svincolare l'operatività da grafici e calcoli soggetti a interpretazione.

Con la diffusione dei personal computers, però, si è scoperto che, trasformando in algoritmo il processo valutativo,  poteva essere delegato alla macchina il compito di analizzare le informazioni disponibili e di generare dei segnali operativi direttamente utilizzabili.

L'oggettività veniva così assicurata e l'autodisciplina acquistava il senso dell'osservanza, senza discussioni, del responso del computer; erano nati i trading systems.

Non bisogna naturalmente equivocare: un trading system non presuppone necessariamente un lavoro al computer; l’algoritmo può essere, nei casi più semplici, sviluppato anche dall’operatore, ma è solo quando quest’ultimo non interferisce in alcuna maniera nell’elaborazione dei fattori decisionali che può essere assicurata l’obiettività di valutazione necessaria per fare la differenza tra un sistema meccanico e uno discrezionale.

 

Principi di base

Nei trading systems vengono fondamentalmente forniti al computer tre tipi di informazioni:

* una serie storica di quotazioni;

* dei parametri da utilizzare per il calcolo degli indicatori prescelti;

* delle regole da utilizzare per la generazione dei segnali operativi.

Benché, a rigore, sia sufficiente la predisposizione di un solo indicatore, i trading systems sono di solito programmati per la elaborazione congiunta  di più strumenti di analisi tecnica;  il problema della eventuale conflittualità tra le risultanze viene risolto con il ricorso a un algoritmo di calcolo che produce segnalazioni di acquisto o di vendita solo nei casi in cui queste siano compatibili con tutte le regole prefissate.

 

Progettazione

La realizzazione di un trading system passa attraverso una serie di fasi.

Intanto la progettazione. Un'intuizione, una lettura, un'emulazione fanno talvolta scattare la convinzione che, combinando opportunamente certe tecniche di analisi, si possa aumentare la frequenza dei successi.

Non è esattamente così, non almeno in assoluto. Anzitutto il trading system deve essere progettato con specifico riferimento alle caratteristiche intrinseche di un mercato o di un indice o di un titolo, alla frequenza connessa al tipo di attività, alla strategia che si intende adottare. Anche il grado di predisposizione al rischio da parte dell'operatore costituisce fattore fondamentale da prendere in considerazione, perché da esso dipende lo spessore dei filtri che il sistema deve superare prima di produrre i suoi segnali.

La progettazione richiede, poi, un'oculata scelta degli indicatori sulla cui azione congiunta dovrà basarsi l'elaborazione. Dovranno essere quindi scelti degli strumenti che siano in grado non solo di rilevare con sufficiente approssimazione l'esistenza di una tendenza o di una fase di congestione, ma anche di rapportare alle varie situazioni di mercato le segnalazioni operative.

Dovrà, infine, essere pianificato un equilibrato criterio di gestione delle uscite dal mercato sia in caso di guadagno che in caso di perdita.(1)

Insomma, prima di procedere alla realizzazione di un trading system o, ancor  più, al suo utilizzo operativo, è necessario ricercare con estrema attenzione l'esistenza della massima compatibilità tra il prodotto e le proprie strategie di investimento.

 

Realizzazione

L'idea progettuale prende corpo con la identificazione degli indicatori e dei parametri di massima che devono essere utilizzati dal programma computerizzato di analisi tecnica per la generazione dei segnali operativi.

Anche se la progettazione è stata accurata, è comunque necessario porre estrema attenzione a non mettere in piedi un modello in grado di funzionare ottimamente, in sede di simulazione, su un determinato andamento storico, ma privo di qualsiasi capacità di valutazione del presente.

E' facile, infatti, ed avviene solitamente quando si usano troppi indicatori oppure indicatori fortemente correlati l'uno all'altro, arrivare attraverso successivi aggiustamenti alla realizzazione di un sistema capace di produrre utili favolosi nella sperimentazione su dati passati, ma del tutto inidoneo a cogliere le dinamiche di mercato o, come comunemente si dice, a generalizzare.

In ogni caso, per quanta attenzione si possa dedicare alla costruzione del sistema, non esiste alcuna garanzia che un modello che ha funzionato in passato possa continuare a funzionare in futuro; è tuttavia molto difficile, al contrario, che un modello inefficace in fase di simulazione possa poi funzionare bene nella realtà operativa.

 

Ottimizzazione

E' sicuramente la fase più delicata.

Consiste nell'aggiustamento dei parametri, successivamente alla loro fissazione su valori di massima, per renderli idonei a raggiungere contemporaneamente il duplice scopo di massimizzare i profitti e di dimostrare efficienza su tutto il periodo di simulazione.

Occorre quindi procedere sperimentando le varie possibilità fino all'individuazione di quella che produce i migliori risultati.

E' intuibile che più numerosi sono i parametri da ottimizzare, più lungo è il processo di aggiustamento; bastano pochi valori, da provare in tutte le combinazioni possibili, per rendere interminabile questa fase, anche con l'uso di un computer potente.

Per poter confidare, poi, nelle capacità di generalizzazione del sistema, cioè nella sua attitudine a funzionare nell'operatività reale, è necessario che esso venga provato, con risultati soddisfacenti, su più intervalli temporali che riflettano condizioni di mercato differenti; da respingere senza esitazione quei modelli sulla base dei quali vengono conseguiti utili favolosi i quali, a un'attenta analisi, si rivelano dovuti a ben precise situazioni di mercato di natura eccezionale.

In proposito, è abbastanza diffuso un convincimento insidioso il cui vizio di fondo, evidentemente, sfugge a molti. In pratica, si prova un modello su un determinato periodo di tempo (training) e, quando i risultati sono soddisfacenti, lo si riprova su un diverso periodo (testing). Se l’esito è positivo anche questa volta il modello viene adottato, altrimenti si ricomincia daccapo. Ora, la ripetuta ricerca di parametri che soddisfino anche l’intervallo di test significa che quest’ultimo, in effetti, non diventa altro  che un prolungamento del periodo di training o, in altri termini, che il vero test può essere effettuato solo con l’applicazione pratica del modello.

Una buona via d’uscita può essere trovata, come detto più sopra, nella suddivisione dell’intero periodo in più intervalli temporali (3 o 4) e nella ricerca di risultati soddisfacenti in ognuno di essi tenendo presente che, in presenza di più soluzioni apparentemente simili, va privilegiata quella che garantisce maggiore stabilità di risultati, quella cioè che consegue una maggiore omogeneità nella distribuzione dei profitti su tutti i periodi presi in esame.

E' necessario verificare, in fase di ottimizzazione, che la frequenza delle operazioni sia adeguata al tipo di attività che il modello è chiamato a disciplinare e che esista un rapporto favorevole tra numero di operazioni in utile e numero di operazioni in perdita e tra utile medio e perdita media per operazione, tenuto conto dell'entità delle commissioni operative.  Da non sottovalutare, ovviamente, il fenomeno per il quale al trading system viene richiesto di produrre segnali su quotazioni che, al momento poi dell'intervento operativo, per quanto tempestivo, non sono più attuali.

Errato il concetto, per la verità piuttosto diffuso, relativo all'esigenza di una riottimizzazione frequente del trading system.

Infatti, o il modello ha la capacità di generalizzare, cioè di cogliere aspetti diversi del mercato, e in tal caso possiede già delle caratteristiche di autoadattamento, oppure è stato male progettato.

Non esistono alternative. Se l'operatore avverte l'esigenza di monitorarne frequentemente l'adeguatezza, vuol dire che i risultati non sono soddisfacenti. In tal caso è probabilmente meglio rivedere l'intera struttura  piuttosto che i parametri.

 

Esempio

Nell'esempio che segue non possono essere rigorosamente rispettati tutti i principi sopra esposti in quanto:

* manca il presupposto fondamentale della definizione di una strategia operativa;

* non si conoscono i costi relativi all'attività che scaturisce dai segnali del trading system.

La dimostrazione, tuttavia, pur non prefiggendosi alcun obiettivo operativo, propone un modello che può essere agevolmente integrato o modificato nella sua struttura per essere adattato a diversi tipi di esigenze.

L’oggetto della sperimentazione è l'indice Comit,(2) del quale è disponibile una lunga serie storica, e si suppone che l'intervento venga effettuato sul valore di chiusura del giorno successivo a quello di generazione del segnale. Il modello, pertanto, tiene già conto delle divergenze, prima evidenziate, che possono esistere tra il livello della quotazione al momento della generazione del segnale e quello dell'epoca di intervento.

Gli strumenti di analisi tecnica prescelti sono il rate of change (ROC), per la rilevazione della velocità
della tendenza, e il relative strength index (RSI), per l'individuazione delle situazioni di maggior forza del mercato, corrispondenti a un livello posto in prossimità della zona di ipercomprato; non esiste alcuna valida controindicazione al fatto che si tratta di due indicatori di momento fortemente correlati tra loro, visto che la struttura dell’uno è completamente diversa da quella dell’altro.

L'adozione di parametri piuttosto lenti fa emergere un sistema non molto aggressivo ma solido, con segnali di acquisto in presenza di un mercato fortemente orientato al rialzo e segnali di azzeramento delle posizioni in caso di indebolimento della tendenza.

Fissato un livello abbastanza elevato dell'RSI, il sistema genera, infatti, un segnale di acquisto non appena il valore dell'indicatore o di una sua media mobile viene a trovarsi  sopra tale livello e, contemporaneamente, il valore del ROC viene a trovarsi in posizione superiore a quello di una sua media mobile; genera, invece, un segnale di vendita quando il valore del ROC perfora al ribasso la sua media mobile.

Per la definizione esatta di ciascun parametro, viene fissato un minimo ed un massimo lasciando al programma di ottimizzazione l'incombenza di provare iterativamente tutte le combinazioni possibili e di scegliere quella che massimizza il profitto.

Le sole condizioni poste, dopo aver suddiviso il periodo di ottimizzazione (dall'01.06.1990 al 28.06.1996) in tre intervalli di uguale lunghezza, prevedono il conseguimento di utili in ciascuno di essi e una distribuzione la più equa possibile. La suddivisione in più intervalli soddisfa pienamente la necessità, generalmente avvertita, di provare il trading system su un periodo e di verificarlo su un altro al fine di misurarne l’efficacia, come già detto sopra, in condizioni di mercato differenti.

Il programma realizza il massimo profitto proponendo l'adozione dei seguenti valori limite:

* media mobile a 2 giorni dell'RSI su base di 14 giorni rapportata al valore di 74;

* ROC a 13 giorni riferito alla sua media mobile a 56 giorni.

L'utile conseguibile, complessivamente del 107,85% su base 1000 (a fronte di un indice rimasto complessivamente invariato) con 22 operazioni di acquisto e altrettante di vendita, risulta così suddiviso(3) :

 

-   01.06.90/26.06.92 - 508 sedute di Borsa: +10,69% su base 1000 (buy and hold: -38,06%)

-   29.06.92/24.06.94 - 507 sedute di Borsa: +59% su base 1106,90 (buy and hold: +51,28%)

-   27.06.94/28.06.96 - 507 sedute di Borsa: +18,10% su base 1759,96 (buy and hold: -5,87%)

 

Tenuto conto che il sistema è stato progettato per la sola gestione di posizioni lunghe nell'ambito di tendenze al rialzo e che la liquidità risulta impegnata solo per  poco più del 21% dell'intero periodo (330 giorni su 1522), i risultati possono essere considerati ampiamente soddisfacenti.

Nella figura che segue si può rilevare chiaramente come il grafico dell'andamento dei profitti cumulati (equity line), sovrapposto a quello dell'indice Comit, formi regolarmente dei gradini in salita in occasione dei rialzi di mercato e si stabilizzi in occasione dei ribassi. 

Nel periodo 01.07.96 - 30.06.97, non incluso nel training,  il sistema suindicato avrebbe conseguito un utile dell’11,13% a fronte di un aumento dell’indice del 26,94%, con un impegno della liquidità per 67 giorni su 250.

Nel periodo 01.07.97 - 26.06.98, infine, il profitto sarebbe stato del 45,98% a fronte di un incremento dell’indice del 70,64% e un impegno della liquidità per 90 giorni su 250.

 

Conclusioni

Non abbiamo la pretesa di aver trattato adeguatamente l’ampia problematica connessa alla costruzione di un trading system: non era questo lo scopo. Ci prefiggevamo, invece, di dare indicazioni di larga massima, da approfondire eventualmente su pubblicazioni specializzate, in merito alla possibilità di progettare dei sistemi meccanici idonei a sostituire proficuamente l’operatore nella individuazione dei momenti appropriati per un intervento sul mercato.

Aggiungiamo, in chiusura, che i trading systems più evoluti non si limitano alla generazione di segnali sulla sola base dell'elaborazione di alcuni indicatori con parametri statici, così come fatto nell’esempio, ma incorporano fattori di adattamento che imprimono una tempestività di segnalazione variabile in funzione della volatilità corrente.  

 

NOTE

(1) I concetti relativi alla scelta del momento di uscita dal mercato in funzione dei guadagni conseguiti o delle perdite subite formeranno oggetto di trattazione specifica in un capitolo a parte.

(2) Trattandosi di esempio didattico, non ha alcuna importanza il fatto che l’indice Comit non sia direttamente negoziabile.

(3) Se non fosse stata tenuta presente l’esigenza di una buona distribuzione dell’utile tra i vari periodi, sarebbe stato possibile ottenere risultati ancora migliori.

 

 

 

 

GESTIONE DEL RISCHIO

 

 Premessa

Supponiamo di assumere una posizione che, secondo tutte le evidenze, non può che rivelarsi vincente. Eppure, per motivi inspiegabili, il mercato comincia a muoversi inesorabilmente nella direzione contraria a quella auspicata: non c’è nulla, proprio nulla, che possa giustificare questo movimento avverso e, proprio per questo, siamo sicuri che in due o tre giorni lo scenario tornerà ad essere quello previsto.

I giorni passano, la tendenza non si inverte, le perdite si amplificano, e noi continuiamo a tenere la posizione per due motivi: l’inversione, ormai, non può più tardare, e le perdite, sulla carta, sembrano meno dolorose di quelle reali.

Alla fine, stanchi e frustrati, decidiamo di porre termine a questa sofferenza prolungata e azzeriamo la posizione rendendoci così conto che non esiste alcuna differenza tra perdite reali e perdite sulla carta.

Ed ecco che, esattamente un minuto dopo che siamo usciti dal mercato, la tendenza si inverte lasciandoci non solo perdenti, ma anche beffati.

C’è qualcuno di noi che non si è trovato in questa situazione? Ho il sospetto che nessuno abbia titolo per farsi avanti.

Queste situazioni sono inevitabili, il mercato va dove deve andare, a prescindere da quelle che sono le nostre certezze; l’unica arma che abbiamo è quella di assecondarlo, abbandonandolo immediatamente non appena ci rendiamo conto che ci siamo sbagliati nella nostra valutazione e restando invece aggrappati alla tendenza finché questa si muove nella direzione sulla quale abbiamo scommesso.

Questo atteggiamento comporta, necessariamente, la disponibilità all’assunzione di tantissime piccole perdite, ma porta con sé anche la capacità di trarre grossi profitti dalle operazioni corrette.

Gli strumenti che abbiamo a disposizione per la gestione dei momenti di uscita da una posizione prendono il nome di stop loss e trailing stop.

 

Stop loss

Lo stop loss è un livello di prezzo che definisce la perdita massima che siamo disposti a sopportare nel momento in cui assumiamo una posizione.

Quindi, lo stop loss si pone a un livello più basso di quello di entrata in una posizione lunga e a un livello più alto di quello di entrata in una posizione corta.

Esistono due tipi fondamentali di stop loss.

Il primo è strettamente correlato a una percentuale del capitale investito, percentuale che non deve essere troppo elevata se si vogliono realmente contenere le perdite. Infatti, normalmente si vede subito se l’operazione sta andando per il verso giusto; e altrettanto presto si capisce se l’intervento è sbagliato. Perciò una percentuale del 2%, del 3%, massimo del 4% è più che sufficiente per contenere la perdita. E’ da tenere in conto, peraltro, una ulteriore piccola perdita, non quantificabile, dovuta al fatto che, poiché stiamo parlando di tendenza contraria a quella auspicata, con tutta probabilità il prezzo al quale chiuderemo l’operazione sarà ancora più svantaggioso di quello fissato come limite a causa del tempo intercorrente tra la perforazione dello stop loss e il momento dell’effettivo intervento operativo.

Una avvertenza: la percentuale da adottare per la fissazione dello stop loss non può, di volta in volta, non tenere conto della volatilità del mercato o del titolo al fine di non essere superata al primo movimento fisiologico avverso; quindi, percentuale più contenuta in presenza di bassa volatilità e margine più largo in presenza di volatilità elevata.

Il secondo tipo di stop loss ha poco a che vedere con le percentuali, anche se resta sempre valido il principio che la perdita massima teorica deve essere contenuta. Quando l’intervento sul mercato viene effettuato sulla base della presenza di determinati supporti o resistenze, è solo a questi ultimi che va ancorato il momento di uscita dal mercato. Supponendo, ad esempio, di effettuare un acquisto al momento delle perforazione di un livello di resistenza, lo stop loss verrà fissato immediatamente sotto la stessa resistenza, trasformatasi in supporto, al fine di cautelarsi contro le false perforazioni. Così, ancora ad esempio, se si effettua un acquisto, nell’ambito di una tendenza rialzista, quando i prezzi ripiegano temporaneamente verso la trendline, lo stop loss verrà fissato immediatamente sotto la trendline per cautelarsi contro una inversione di tendenza immediatamente successiva al nostro acquisto. Si noterà come, in entrambi i casi, abbiamo suggerito di fissare lo stop loss non in coincidenza, ma sotto la resistenza o la trendline; è infatti opportuno assegnare un certo margine anche alle false perforazioni in senso contrario, al fine di non uscire prematuramente dalla posizione a causa del fisiologico rumore del mercato che, dopo un iniziale movimento avverso, è pronto a riprendere la direzione auspicata.

Qualche autore sostiene che è inopportuno fissare degli stop loss nell’ambito di un trading system. Infatti, un sistema ben congegnato dovrebbe contenere in sé i meccanismi, dovuti alla dinamica degli indicatori adottati, che determinano sia i momenti di entrata che quelli di uscita. La fissazione di stop loss, pertanto, potrebbe forzare l’azzeramento di una posizione che il sistema, invece, suggerirebbe di mantenere. Questo può anche essere vero in alcuni casi, ma non è valido sotto il profilo logico. Un trading system, per definizione, è un sistema che ha funzionato bene in passato, su una serie storica nota, ma non si sa se funzionerà altrettanto bene in futuro, su una serie ignota; lo si spera ma non lo si sa. A nostro avviso, quindi, è bene cautelarsi anche contro il cattivo funzionamento del trading system, magari con una percentuale di tolleranza superiore a quella abituale, senza lasciare la posizione esposta al rischio di un rilevante movimento avverso non colto tempestivamente.

 

Trailing Stop

Il trailing stop non è altro che uno stop loss mobile che serve a fissare i profitti man mano che questi vengono conseguiti grazie a un mercato che si muove nella direzione auspicata.

Supponiamo, ad esempio, di aver effettuato l’acquisto di un titolo la cui quotazione comincia immediatamente a salire. Quand’è che dobbiamo vendere il titolo e monetizzare i profitti? Fino a che punto conviene rischiare nel caso di temporanee correzioni nell’ambito del trend rialzista del titolo?

Se, fissato inizialmente lo stop loss, cominciamo ad alzare sistematicamente la barriera ad ogni rialzo del titolo, ecco che avremo sempre un limite di riferimento al disotto del quale il titolo va venduto.

Attenzione, però! Una volta portato a un livello superiore, per accompagnare un rialzo del titolo, lo stop loss non può più essere riportato indietro, altrimenti la sua funzione verrebbe vanificata.

Naturalmente, il discorso va invertito nel caso di operazioni ribassiste che, pertanto, richiedono uno stop loss da abbassare sistematicamente con divieto assoluto di riposizionamento verso l’alto.

I criteri per la fissazione del trailing stop sono analoghi a quelli esaminati per gli stop loss: una percentuale fissa, una percentuale variabile in funzione della volatilità, una soglia mobile definita da un trendline; l’importante è che il criterio fissato all’origine non venga variato per soddisfare la maggiore tolleranza dell’operatore di fronte a un’operazione che si sta rivelando proficua.

 

Profit target

Un ulteriore criterio di uscita dal mercato, diverso dai precedenti, consiste nella fissazione di un obiettivo di prezzo raggiunto il quale si chiude la posizione. Questo non esclude la contemporanea definizione di uno stop loss, ma serve a stabilire sin dall’inizio il livello di prezzo al quale si intende uscire da un mercato che si muove nella direzione voluta.

La fissazione di un profit target, quindi, può essere utile in un mercato molto volatile, al fine di beneficiare delle oscillazioni favorevoli cautelandosi contro quelle avverse, oppure per le operazioni effettuate nell’ambito di un canale di trading, con obiettivo in prossimità della parallela superiore, in caso di operazione lunga, o inferiore, in caso di operazione corta.

 

Conclusioni

La fissazione di limiti di prezzo è l’arma principale di chi vuole operare in borsa con successo. La consapevolezza di non essere in grado di trovarsi sempre dalla parte giusta del mercato porta automaticamente a cautelarsi contro gli errori con sistemi idonei a salvaguardare il capitale disponibile da erosioni non tollerabili.

Si può senz’altro asserire che, quand’anche il numero delle operazioni errate fosse ampiamente superiore al numero delle operazioni corrette, una attenta gestione del momento di uscita dal mercato sarebbe in grado ugualmente di condurre alla realizzazione di profitti.

Ne consegue che, al limite, il momento e la direzione dell’ingresso possono essere assunti anche casualmente: una buona gestione del rischio, portando a minimizzare le perdite e a massimizzare i profitti, non può che riuscire complessivamente vantaggiosa.

Gestione del rischio, però, significa anche monitoraggio costante delle posizioni assunte e corretta contabilizzazione degli utili e delle perdite. Solo la costante attenzione all’evoluzione dei prezzi può portare a identificare tempestivamente il momento più opportuno per l’azzeramento di una posizione. Un ritardo anche lieve nell’applicazione dei principi operativi definiti al momento della sua assunzione può condurre a perdite ben superiori a quelle preventivate e, quindi, alla vanificazione di tutto un ciclo di operazioni altrimenti bene impostate. Ogni operazione, infatti, non fa storia a sé. L’attività di un determinato periodo di tempo (un mese, un trimestre, un anno)  include tutta una serie di operazioni, alcune vincenti e altre perdenti, il cui insieme, ed esso solo, può costituire parametro di riferimento per stabilire la validità della strategia adottata.


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